ASINO SARDO ED ASINO DELL'ASINARA - STORIA
ORIGINE
L'asino sardo (classe mammiferi, ordine perissodattili, famiglia degli equidi, genere equus, specie asinus), originario dell'Etiopia (Equus aetiopicus), fu introdotto in Sardegna all'inizio del III millennio a.c. con lo sviluppo del commercio marittimo.
Infatti dall'Africa orientale passò in Egitto, nella valle del Nilo, poi venne importato nell'Asia Minore e nell'Egeo, Grecia e penisola balcanica, Sicilia e Sardegna ove, per le caratteristiche condizioni ambientali, subì una riduzione della taglia originaria.
Una delle fonti ritiene che il nome Asinara sia stato assegnato all'isola dai navigatori arabi intorno al VI-VII secolo. Nelle carte geografiche medievali troviamo i nomi di Asenara, Acinara, Sinara.
Il nome Asinara compare nel 1275 nella carta Pisana e fu attribuito in quanto nell'isola erano presenti asini in alta concentrazione.
Nell'800 il Marchese di Mores, duca dell'Asinara, importò dall'Egitto l'asino bianco che veniva utilizzato per la soma.
Nonostante questa sia la tesi pi` probabile sulle origini dell'asino bianco ce ne è un'altra più suggestiva che racconta del naufragio di un vascello sul finire del 1700 proveniente dall'Egitto verso la Francia, carico di asinelli che sarebbero riusciti a guadagnare la riva dell'isola dell'Asinara.
Ad ogni modo l'asino dell'Asinara ` autoctono dell'omonima isola, 51,9 km2 di macchia mediterranea intervallata da aree coltivate, situata a nord ovest della Sardegna e colonia penale chiusa alla fine del secolo scorso.
Testimonianze orali recenti raccontano della presenza di asini bianchi sull'isola sin dalla fine dell'ottocento, probabilmente abbandonati dagli asinaresi quando si trasferirono a Stintino nel 1885 a seguito della trasformazione dell'isola a demanio dello Stato.
Nell'Asinara gli animali vivono allo stato brado in piccoli gruppi di tre o quattro femmine, con un rapporto sessi di 0,7 (maschi/femmine). In alcune parti dell'isola gli asini sono difficilmente avvicinabili mentre in altre sono maggiormente abituati alla presenza dell'uomo.
La Facoltà di Medicina Veterinaria di Sassari ha pubblicato alcuni lavori sulle caratteristiche dell'asino dell'Asinara da cui si deduce che il numero di capi da 31 nel 1986 è aumentato a 56 nel 1989 ed ai 70 soggetti attuali.
Durante il censimento del 1989 era stato osservato che essi erano suddivisi in due branchi principali dislocati in diverse zone dell'isola di cui un gruppo di 40 capi (17 maschi e 23 femmine nella zona Traboccato) ed un secondo gruppo di 16 capi (6 maschi e 10 femmine nella zona di S.Maria).
ANTICHE TECNICHE DI ALLEVAMENTO
Non esisteva una vera tecnica di allevamento in quanto gli asini erano lasciati liberi di pascolare e riprodursi casualmente. Di solito venivano utilizzati per pulire alcune aree da piante infestanti, da rovi o l'aia della trebbiatura prima dell'uso.
Nei paesi con una elevata popolazione asinina c'era il custode degli asini "su molentraxu" che li radunava e li conduceva al pascolo esonerando i proprietari dalla custodia; la ricompensa consisteva nel pagamento in natura (grano, fave od altro).
L'alimentazione era differente a seconda del tipo di utilizzo dell'animale: l'asino che girava la macina raramente pascolava, quindi mangiava foraggio grossolano e sottoprodotti del grano (crusca), eccezionalmente cereali e proteaginose (fave).
Quelli utilizzati nei lavori dei campi risultavano meglio alimentati in quanto terminati i loro lavori venivano lasciati liberi al pascolo ed alla sera ricevevano un'integrazione di paglia e cereali.
In occasione dei festeggiamenti alcuni soggetti venivano scelti per le corse e preparati anche con razioni abbondanti a base di cereali, tra cui l'avena imitando così la preparazione dei cavalli per le corse.
Riguardo la doma, essa non presentava grosse difficoltà in quanto era favorita dalla taglia modesta e dalla docilità ed anche remissività dell'animale.
Il metodo migliore era quello di abituare l'asinello alla vicinanza con l'uomo: si cominciava a mettergli la soma intorno ai due anni di età con una coperta (sottosella) e poi pian piano qualche cosa di più pesante sino ad un piccolo sacco di sabbia che veniva sistemato a mo di bisaccia per poi passare alla sella ed al basto.
Poi gradatamente veniva abituato alla macina, attaccandolo alla "mola", al trasporto della legna dai boschi poco praticati da altri animali, al trasporto del latte dalla campagna alla casa, per attingere acqua dai pozzi, per trascinare piccoli carretti o per portare vari carichi (ceste, bisacce, bidoni, etc.).
Ogni famiglia soprattutto del Sarcidano aveva la macina all'interno dell'abitazione, nel locale del forno e quindi anche l'asinello; il lavoro di macinatura si protraeva per alcune ore della giornata in relazione con le necessità di farina della famiglia.
Veniva anche utilizzato per alcuni lavori della terra (aratura).
SITUAZIONE DELL'ASINO SARDO E DELL'ASINO DELL'ASINARA PRESSO LA CITTA' DELLA DOMENICA E L'AZIENDA AGRARIA S.LUCIA
La Città della Domenica, agli inizi degli anni '80, ricevette per regalo da un pastore sardo un asino sardo grigio, di sesso maschile, in quanto anziano e non più abile al lavoro della soma.
Poiché dopo alcuni mesi di permanenza, nonostante l'età avanzata (20 anni circa), aveva migliorato le condizioni generali (peso e lucentezza del mantello), fu deciso di acquistare due femmine di asino sardo e creare un nucleo visibile ai visitatori, formati per lo più da bambini e ragazzi delle scuole medie e superiori (1981).
Visto l'interesse del pubblico e l'obiettivo del Parco di far conoscere razze domestiche in estinzione ed adoperandosi in programmi di salvaguardia genetica, nel 1982 arrivò anche un asino bianco dell'Asinara proveniente dal Parco di Caviglia (Toscana) e dato in comodato per fini di studio.
La convenzione tra la Città della Domenica e l'Università degli Studi di Perugia per fare ricerca, portò alla creazione di due nuclei di asini delle due razze (Sardo e Asinara) prendendo, sempre in comodato, un Asino dell'Asinara dal l'Azienda di Foresta Burgos dell'Istituto di Incremento Ippico di Ozieri.
Si crearono, così, due nuclei iniziali di pochi esemplari, sui quali l'Università di Perugia eseguì anche prove di embrio transfer, trasferendo embrioni del bianco, più raro, su donatrici grigie sino ad arrivare ad un aumento numerico delle due razze.
L'aumento numerico era infatti ritenuto indispensabile per prospettare un progetto di salvaguardia in collaborazione con istituzioni pubbliche e private aventi gli stessi intenti al di fuori delle speculazioni economiche.
Oggi, per motivi di spazio, presso "Città della Domenica" esistono solo alcuni esemplari delle due razze esposti al pubblico, mentre il nucleo principale è allevato presso un'azienda agricola produttrice di foraggio biologico per gli animali in Località S.Lucia di Castelvecchio.
Il numero totale di soggetti censiti al 31 dicembre 2013, è di 52 capi di cui 20 asini sardi e 32 asini dell'Asinara.
E' stato osservato che nelle stagioni climatiche più favorevoli gli animali, pascolano tutto l'anno e ricavano il 100% del fabbisogno alimentare per nove/dieci mesi su dodici; con necessità di integrazione quindi per soli tre mesi. Naturalmente quanto esposto è legato al carico di animali per ettaro e ad altri fatto tra cui le condizioni pedo-climatiche del posto.
DENOMINAZIONE DELL'ASINO SARDO NELLA TRADIZIONE AGRO-PASTORALE
L'asino sardo fa registrare molte denominazioni in rapporto al lavoro che svolge.
Nella Sardegna meridionale è denominato "molente" (perché usato per far girare la mola di mulini a frumeto o olio) indicando il lavoro che svolge quando viene attaccato alla macina (Juntu a sa mola).
Altro termine analogo (Gerghi, Barbagia di Seulo) é "molingianu" e "pegus de mola" nel campidano centrale.
Altra denominazione nella Sardegna meridionale "burrinku" o "burriccu" dallo spagnolo "borrico-asino" e "bestiolu".
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